Quando il troppo infiamma: il ginocchio del corridore

La sindrome della bandeletta ileotibiale e’ un’infiammazione molto frequente tra i runners (ma non risparmia calciatori, cestisti e bikers) che sottopongono il ginocchio a carichi di lavoro particolarmente intensi.
Ma partiamo dall’anatomia. La bandelletta ileo-tibilae e’ un fascio di tendini largo circa 3 cm e piatto, che scorre lungo la parte esterna della coscia, partendo dal gluteo per andare ad innestarsi nella parte ossea superiore del perone. La sua funzione e’ quella di contribuire alla stabilita' del ginocchio, in particolare nella sua porzione laterale esterna, soprattutto durante la flessione. Quando il ginocchio e’ esteso la bandelletta e’ posizionata davanti al condilo laterale del femore (che e' quella parte dell’estremità dell’osso che forma due protuberanze) in prossimità del ginocchio; quando il ginocchio si flette, e raggiunge un angolo di 30 gradi, la bandelletta passa al di sopra della prominenza ossea del condilo laterale e si sposta posteriormente. 
Ora, questo spostamento, di per se fisiologico, immaginatelo mentre correte. Immaginate la frequenza con cui avviene, soprattutto su una lunga distanza. Immaginate l’attrito che si crea tra questo fascio di tendini (la bandelletta appunto) e i tessuti circostanti (muscoli, legamenti, borse), in corrispondenza dell’area del ginocchio in cui avviene la flessione. A questo punto non vi sarà difficile immaginare anche perché in quest’area e’ facile che si generi un’infiammazione, detta sindrome della bandelletta ileo-tibiale o, più informalmente, "ginocchio del corridore", giusto per ricordare a chi tocca con maggior frequenza.
I fattori scatenanti di questa fastidiosissima sindrome possono essere molteplici. Tralasciando quelli anatomici, come la presenza del ginocchio varo o di un piede molto pronato, quelli legati alla pratica sportiva sono principalmente:
  • la corsa su un fondo irregolare, soprattutto se non e’ preceduta da un periodo di adattamento
  • la corsa in condizioni di sovrappeso
  • gli allenamenti lunghi con forte alternanza di salite e discese
  • la variazione troppo repentina di carichi di lavoro (un esempio classico è costituito dal runner che vuole passare dai 10 Km alla Mezza o dalla Mezza alla Maratona incrementando senza criterio il numero di km settimanali che, ricordo, dovrebbe essere al max del 10%)
  • la mancanza di stretching (questa vi fa venire i sensi di colpa, lo so) 
  • l'atrofia dei muscoli che circondano il ginocchio
Il sintomo principale è un dolore continuo alla parte esterna del ginocchio che va aumentando nel corso dell’allenamento e che aumenta quando il ginocchio stesso fa un piegamento di 30 gradi oppure premendo con le dita sull'area. In genere il dolore compare poco dopo l'inizio dell'allenamento e scompare col riposo. Questa sindrome è particolarmente subdola perchè il dolore non e’ eccessivo e quindi chi corre è portato a sopportarlo ("ho corso una maratona, vorrai mica che mi fermi per un bruciore che scalda e basta?" penso' tronfio il runner in quel momento…). L'atteggiamento comune e' quello di ridurre il carico da lavoro, ma così facendo, anziché migliorare la situazione, si finira' istintivamente con lo scaricare il peso sulla gamba non sofferente e si produrrà un’asimmetria nella sua distribuzione, rischiando infortuni aggiuntivi.
La cosa migliore da fare è quella che più difficilmente digeriamo:
fermarci completamente. Se prendiamo tempestivamente il problema, possiamo sperare di risolverlo con la crioterapia (15 minuti di ghiaccio tre volte al giorno) e nella fase acuta con qualche anti-infiammatorio. Se ciò non bastasse, il medico potrà scegliere la terapia più adeguata tra tecar, ionoforesi, laser, ultrasuoni e nei casi più gravi , infiltrazioni. Per il recupero completo sono in genere necessarie da 2 a 4 settimane.
La ripresa  poi deve essere graduale e in questo periodo sarebbe bene approfittare  un buon fisioterapista per potenziare tutta lmuscolatura coinvolta nella corsa in modo da non sovraccaricare nuovamente il ginocchio e ma anche per imparare esercizi da seguire anche dopo la guarigione, rendendoli parte dell' allenamento. Diventano perciò indispensabili lavori di core stability, stretching per il flessore dell'anca, potenziamento del quadricipite e del grande gluteo. Cose che se inserite nella routine portano via dieci minuti, insomma, e che ci possono salvare da settimane di stop e da tanto cattivo umore.



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