I falsi miti della corsa a digiuno


C'e' chi lo fa per esigenze di orario, chi per strategia, chi perché del cibo appena sveglio non vuol sentir parlare. Ma se la motivazione per cui ci si allena a digiuno e' del tutto soggettiva (“non ho fame”, “voglio dimagrire”, “voglio aumentare la resistenza”, “non ho tempo per digerire”…), la risposta dell’organismo davanti un allenamento a stomaco vuoto e’ assolutamente oggettiva ed e’ regolata in modo insindacabile dalla fisiologia
Nonostante ciò sull’argomento si sprecano da sempre dibattiti e aleggiano falsi miti che possono farci compiere scelte sbagliate.
Vediamo quali sono, cercando di capire come si comporta veramente il nostro corpo durante un allenamento a digiuno.
“Correndo a digiuno si rischia di non avere energia per terminare l’allenamento.”   
Sappiamo tutti che il corpo e’ in grado di usare carburanti diversi: i carboidrati, gli acidi grassi (di cui sono composti i lipidi), le proteine. I primi sono presenti nel sangue sotto forma di glucosio (energia pronta), apportano circa 4Kcal per grammo e, quando non sono usati subito, vengono stoccati dal nostro corpo parte nel muscolo e parte nel fegato, sotto forma di glicogeno. Tecnicamente, un runner allenato e con un’alimentazione regolare ha una scorta di glicogeno nei muscoli che oscilla tra 350 gr e 500 gr (pari a circa 1300 Kcal di energia nei muscoli) e nel fegato un'ulteriore riserva di 80-100 gr (pari a circa 320-400 Kcal). Quindi, un soggetto sano (e qui bisogna vedere se noi che ci alziamo alle 6 per correre o quelli che corrono alle 22 al freddo dopo una giornata di lavoro lo siamo ;) ha scorte sufficienti per fare una corsa medio-lunga a digiuno e portarla a termine senza problemi. 
"Correre a digiuno “brucia” i muscoli." 
E’ un’ espressione che sento spesso e immagino nasca dall’idea che il corpo, in una situazione di digiuno prolungato come il riposo notturno, vada ad attingere energia dalle fibre muscolari consumandole. La fisiologia invece ci insegna che quando dopo una notte ci mettiamo le scarpette e andiamo a correre, se il giorno prima abbiamo mangiato normalmente, abbiamo ancora il serbatoio (muscoli e fegato) quasi pieno tanto da poter compiere mediamente un 'attività di 70-75 minuti (o anche più lunga) usando solo il glicogeno come carburante. Solo quando il nostro corpo entrera' in riserva, soprattutto in casi di attività intense e prolungate (maratone o ultratrail) il livello di insulina scendera', aumentera' l'adrenalina e questi due fattori stimoleranno l'adipolisi. Qui il corpo iniziera' a bruciare acidi grassi attraverso il catabolismo dei lipidi e questo processo sarà  in grado di fornire sì energia ma il carburante ci verra fornito più lentamente. Un grammo di grassi ci fornisce 9 Kcal, quindi piu’ di un grammo di carboidrati, ma con una velocità  inferiore rispetto a quella degli zuccheri. Successivamente, se lo sforzo prosegue e le riserve sono al lumicino, il corpo ci manda segnali importanti (vedi il muro dei 30 nella maratona) e iniziera’ a cannibalizzare i suoi muscoli per produrre zucchero indispensabile per il cervello. A questo punto, nel muscolo, iniziera’ il degrado di proteine e liberazione di alanina che verra’ trasportata al fegato per formare glucosio. E’ solo a questo punto che il muscolo diventerà la nostra fonte energetica. Il fenomeno e’ noto come protein burning  e per innescarlo non basta una corsa leggera ed e’ più frequente in maratoneti o atleti di endurance. Se nei casi di attività intensa le proteine forniscono il 10% circa dell'energia, con l'allenamento o facendo attività lunghe a digiuno questa percentuale può essere alzata e spostando un poco oltre il muro, ma le proteine non potranno mai diventare nè la fonte primaria nè il carburante principale.
Il carburante migliore per il nostro corpo arrivera’ sempre e comunque dai carboidrati perchè ci garantiscono energia pronta velocemente. Inoltre, una caratteristica fondamentale del glicogeno è quella di trattenere molta acqua che viene liberata se facciamo attività intensa o col caldo, impedendo di disidratarci rapidamente.
Detto ciò e facile intuire come una corsa mattutina a digiuno non determini perdita di massa muscolare.
“Correre a digiuno fa dimagrire” 
Questa domanda richiede una risposta un po' più complessa. Se e' vero che, in un regime ipocalorico, correre a digiuno può aumentare leggermente il catabolismo dei grassi, dall'altro non significa che stiamo aumentando il dispendio energetico che rimane comunque invariato, soprattutto se la corsa ha intensità bassa. Alla lunga, soprattutto se si e' in deficit calorico, ciò che cambierà  saranno le sensazioni in corsa: si avvertirà facilmente stanchezza, si tenderà ad essere svogliati e demotivati ad uscire e sarà molto frustrante cercare una performance con un carburante di scarsa qualità come quello degli acidi grassi. 
“La corsa a digiuno provoca un invecchiamento precoce”.
Questa e’ un’affermazione un po’ piu’ di nicchia che si basa su alcuni studi recenti che sostengono un aumento della produzione di radicali liberi prodotti dalla corsa mattutina a digiuno. Questa teoria è tuttavia facilmente confutabile perché ciò che conta non è quanti radicali son prodotti durante l'esercizio, ma loro concentrazione alla fine e dopo circa un'ora dalla sospensione. Se e' vero infatti che l'attività fisica intensa produce molti radicali liberi, e' altrettanto vero che un soggetto allenato li smaltisce in modo più  efficientemente e rapido di un soggetto sedentario.
A chi giova allora correre al mattino senza aver mangiato e a chi fa male? 
Correre a digiuno può essere ostico e forse pericoloso per neofiti, con poca conoscenza del proprio corpo, che possono andare incontro a nausee, sensazioni di vuoto e spossatezza.
Da un punto di vista puramente sportivo esistono protocolli di allenamento specifici che prevedono alcune (non tutte!) uscite a digiuno a beneficio dei runners che competono su lunghe distanze. In questo modo si può insegnare al corpo a usare più efficientemente anche carburanti meno pregiati del glucosio e aumentare la resistenza in corsa.


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