XI mezza maratona della ceramica ( 09 Dicembre 2018)


In ogni cosa e' salutare, di tanto in tanto, mettere un punto interrogativo a ciò che a lungo si era dato per scontato. (Bertrand Russel)
Avrei dovuto correre la mezza di Assemini a metà Ottobre, come ultimo lungo prima della maratona di New York, ma a causa del meteo proibitivo e nefasto la gara era stata rinviata senza una data. Quando sono rientrato acciaccato dagli USA, l'ultimo dei miei pensieri era correre una mezza nel breve, ma nel frattempo la maratonina della Ceramica aveva dinuovo fatto la sua comparsa sul calendario: il 9 dicembre. Quando l'ho saputo non avevo ancora riallacciato le scarpe da corsa dopo l'infortunio che l'idea di una gara in terra sarda tra gli amici di sempre (l'ultima era stata la mezza di Chia) stava gia' insensatamente occupando i miei pensieri. Cosi' a fine novembre riprovo a macinare qualche chilometro su strada, trovo la quadra con la mia caviglia e la mattina del nove dicembre, senza ambizioni ne consapevolezze, mi trovo in macchina per raggiungere Assemini. Le emozioni iniziano già quando ritiro la maglia e il pettorale, alcune amiche della società organizzatrice si complimentano per il risultato della mia maratona oltre oceano, in molti hanno letto il mio racconto e quando sento qualcuno citare pezzi del testo come aforismi arrossisco. Sotto il gonfiabile che indica la partenza, un'amica mi chiede "hai lasciato la caviglia Central Park?". Si, ma la vacanza e' finita  e ora si fa sul serio, vorrei risponderle. Con lo sguardo incrocio alcuni compagni che avevano corso al mio fianco un anno fa e la mia testa inizia a elaborare calcoli improbabili per capire fra quanto tempo riusciro' di nuovo a far girare le gambe al loro passo. Perché la parte piu' difficile da gestire quando ci si viene travolti da un infortunio non e' il dolore invalidante, non e' la perdita di prestazioni, non e' lo stravolgimento della routine, ma e' il tempo. Che diventa indefinito togliendoti gli appigli, ti obbliga al rigore e alla pazienza. E' come una gara in cui non sai se ti basteranno le energie perché non ne conosci la distanza.
L'idea e' di partire a un passo moderato per non stressare la caviglia. Son fermo da tanto, non ricordo quando ho fatto le ultime ripetute e non ho percezione di come sto. Sì, partire piano sarebbe una buona idea. Lo sparo pero' si porta via il condizionale e cancella ogni logica e dopo poco mi trovo a inseguire proprio i miei compagni dell'anno scorso a un passo poco sotto i 3'50" Min/Km. C'e' vento forte che mi condiziona molto nei lunghi rettilinei, ma mi accodo a un gruppetto di ragazzi che partecipano alla 10 K fin quasi alla conclusione del primo giro. Il percorso si articola all'interno del paese passando nelle strade del centro storico e si ripete due volte.



Chiudo il primo giro affiancato a un nuovo amico, la sua gara si ferma qui e provo a tirarlo fin sotto al traguardo. Mi diverte vedere come siamo quasi sincronizzati, peccato non poterlo avere a fianco per tutta la gara. L'incitamento di amici sparsi sul percorso e la compagnia dei gruppi che suonano si fanno pero' un efficace surrogato, mi fanno pensare con nostalgia a NY, al fatto che quando sono saltato tenevo un passo simile e anche li a sostenermi c'era un pubblico travolgente e tanta musica, che il dolore faceva arrivare alle mie orecchie ovattata.
Tra un pensiero e l'altro mi faccio raggiungere da Aldo (uno degli amici dell'anno scorso) che ero convinto fosse davanti a me. Mancano circa 8 Km al traguardo ed entrambi, per ragioni differenti, non siamo brillantissimi col nostro passo ormai intorno ai 4 Min/Km. Procediamo affiancati e ci alterniamo in testa, ci motiviamo a vicenda senza parlare perché il fiato scarseggia nonostante la lentezza. Comunichiamo guardandoci e spronandoci e dopo aver patito un po' nell'unica discesa del percorso raggiungo Aldo e ci godiamo gli ultimi metri fino all'arrivo, senza ansia di competere e consci che soli avremmo sicuramente dato di meno. Arriviamo al traguardo separati da pochi metri e ma chi è arrivato prima non conta. Questa volta non contano nemmeno il tempo impiegato (1.21.27 il mio peggior crono da anni) o la classifica. Le gambe non son al top, il fiato è corto ma i pezzi ci sono tutti. La voglia è tornata, la passione pure, un'amicizia è stata rinsaldata, forse ne è nata un'altra. Non so di quanti chilometri e' la gara che mi aspetta, ma so che ho fatto il pieno di energia. E ora mi sento pronto a qualsiasi distanza.



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